La bellezza delle coste liguri è conosciuta dai tanti turisti italiani e stranieri che ogni estate vi si riversano per trascorrere le proprie vacanze estive.
Tuttavia, non sono in molti a “spingersi oltre” per esplorare l’entroterra e l’appennino che costituisce un confine naturale con Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana. E ciò è davvero un peccato poiché si perde la possibilità di conoscere un territorio affascinante e ricco di storia. Infatti, l’uomo vi ha abitato da sempre e quella che oggi è una rete escursionista adatta a tutti, in passato costituiva la “via del commercio” che veniva percorsa da coloro che si spostavano continuamente tra costa ed aree interne.
Se volete saperne di più vi suggerisco la lettura del libro “La catena dell’Antola. 113 escursioni fra Scrivia, Trebbia e Oltrepo” di Andrea Parodi, fonte d’ispirazione anche per l’escursione che vi illustro nelle prossime righe. Essa è stata fatta di pomeriggio, in modo tale da raggiungere la cima del monte Antola al tramonto per poi tornare a valle illuminati dalla luce della luna.
Camminata sul monte Antola, nel cuore dell’omonimo Parco Naturale Regionale
Se penso all’Antola mi vengono subito in mente le mie prime camminate ad “alta quota”, quando da piccolo andavo in campeggio a Piuzzo e di lì raggiungevamo le Capanne di Carrega per iniziare l’escursione.
La passeggiata di gruppo parte dallo spiazzo situato proprio dove si conclude la provincia di Genova ed inizia quella di Alessandria, in direzione delle già citate Capanne di Carrega. Il percorso si snoda lungo un sentiero battuto e ben segnalato che segue il crinale “sospeso” tra Liguria e Piemonte. Va comunque specificato che il territorio del Parco Naturale Regionale dell’Antola è compreso nella provincia del capoluogo ligure.
Come già detto anticipato qualche riga sopra, quella che oggi appare come una zona tranquilla e silenziosa, nei secoli scorsi era decisamente più trafficata perché era attraversata da tutti coloro che si spostavano tra la costa e le province interne. Basti pensare alla storica Via del Sale, probabilmente la più conosciuta e frequentata da coloro che viaggiavano tra Genova e Pavia.
L’itinerario non presenta alcuna difficoltà di rilievo, il dislivello si aggira attorno ai 350 m e ciò consente di poter ammirare lo splendido paesaggio circostante senza alcun affanno. Distese infinite di prati, mucche al pascolo e, con un po’ di fortuna, si possono anche avvistare dei daini in lontananza… non sembra neanche di essere in Liguria o meglio, certamente non è l’immagine classica che se ne ha. Tra gli animali che sono tornati a ripopolare il territorio vi è pure il lupo, “abitante” discreto che difficilmente si lascerà osservare.
L’ultimo breve tratto in salita è leggermente più impegnativo ma è indice del fatto che stiamo per raggiungere la cima del monte Antola, a quota 1597 m. La si distingue facilmente grazie alla croce bianca che fu posta ed inaugurata nel 1907. A tale altezza, si ha un panorama a 360° pazzesco che, sperando nell’aiuto del bel tempo, permette di osservare le cime appenniniche circostanti – tra le quali i monti Chiappo ed Ebro, il Carmo ed il monte Lésima, il Mar Ligure, il porto di Genova, la Corsica e poi l’intero arco alpino nord-occidentale, incluse le vette della Val d’Aosta.
Si ammira molto bene anche il lago del Brugneto, nell’Alta Val Trebbia. Quello che risulta essere lo specchio d’acqua più ampio della Liguria (superficie di circa un chilometro quadrato), è del tutto artificiale dato che venne realizzato nel 1959 al fine di garantire una scorta idrica adeguata per la città di Genova.
All’ora del tramonto la vista è, se possibile, ancora più suggestiva ed i colori del cielo che si fa scuro si uniscono alle luci che si accendono nei vari paesi che si distinguono a fondovalle.
Al più attento osservatore balzerà subito agli occhi la presenza, sul versante alessandrino davanti a noi, di due gruppetti di case situati a breve distanza tra loro ed in evidente stato di abbandono, al punto che ormai sono stati “inghiottiti” dal bosco circostante. Si tratta di Renèuzzi e Ferrazza, entrambe frazioni di Carrega Ligure ed oggi due tra i diversi paesi fantasma del Piemonte. Ciò che differenzia la loro (triste) storia dagli altri è il caso di omicidio di cui fu protagonista Davide Bellomo.
Agli inizi degli ’60 era rimasto l’unico abitante di Renèuzzi e finì per innamorarsi della cugina Maria, residente nella vicina Ferrazza. La storia avrebbe potuto avere un seguito ma le due famiglie si opposero, non si sa per quale motivo. Va specificato che all’epoca, specie in località isolate come queste, le unioni tra persone imparentate non erano rare. Detto ciò, alla fine dell’estate del 1961, nel pieno del boom economico italiano, la famiglia di Maria segue l’esempio di tante altre e così decide di lasciare la campagna per andare a vivere in città.
La data della partenza è fissata per il 22 settembre. Maria esce di casa per raggiungere la fermata della corriera situata a pochi chilometri di distanza. Mentre percorre il sentiero cade nell’imboscata di Davide che, venuto a sapere del suo trasferimento, era letteralmente impazzito non potendo sopportare il dolore della separazione. La donna viene uccisa ferocemente con diversi colpi di pistola. È la madre a ritrovare il cadavere dopo che si era allarmata nel non vederla arrivare.
Inizia subito la caccia all’uomo e tutti i sospetti cadono immediatamente su Davide, anche perché non vi era nessun altro in zona. Di lui però si perdono le tracce fino a quando, a metà ottobre, il cavallo di un contadino fiuta l’odore sgradevole del cadavere del ragazzo, ormai in fase di decomposizione. Si pensa che si sia suicidato lo stesso giorno, con l’ultima cartuccia a disposizione. Egli è sepolto al cimitero di Renèuzzi, l’ultimo abitante di un paese che oggi è completamente “devastato” dalla natura, tanto che i pochi escursionisti che vi arrivano (spinti dall’interesse per la vicenda) possono farlo unicamente attraverso un sentiero nel bosco.
Questa è una delle varie storie raccontate da Enrico, Stefano e Davide, i nostri accompagnatori e guide ambientali escursionistiche. Un’altra degna di nota è quella del Passo delle Tre Croci, a 1.560 m d’altezza. Il nome deriva dai tre monumenti eretti dagli abitanti della valle a ricordo di tre viandanti che persero la vita qui a causa di un’improvvisa bufera di neve.
Quando è ormai buio accendiamo le torce per cominciare la discesa, non prima però di aver fatto una deviazione al Rifugio Parco Antola, aperto dalla primavera ad inizio autunno ed in grado di ospitare fino a 32 persone.
Non mi era mai capitato di scendere da un monte in notturna e devo dire che è stata un’esperienza indimenticabile. La torcia è servita ma relativamente, la luna piena infatti ha rischiarato il paesaggio intorno a noi guidandoci sul sentiero verso casa.
Concludo l’articolo lasciandovi un paio di link utili se volete saperne di più sulle escursioni che si possono fare nel territorio ligure ed il Parco dell’Antola in particolare: