Venerdì pomeriggio (27 febbraio), a bordo dell’aereo che mi riporta Madrid, scambio due parole con una signora canaria a cui racconto la mia esperienza appena conclusa sull’isola di Tenerife. Le parlo di Santa Cruz de Tenerife, che mi è piaciuta senza però entusiasmarmi (e lei concorda) anche se successivamente l’ho un po’ rivalutata, le racconto di La Laguna dicendole che pur trattandosi di una cittadina piccola è un autentico gioiello, cito infine la gita fatta col mio amico al Teide. Manco a farlo apposta, proprio in quel momento l’aereo sale in quota lasciandosi le nuvole dietro di sé ed ecco che la punta del Teide compare all’orizzonte, quasi a darci il suo saluto. Alla sua vista mi emoziono ancora una volta e la signora notando il mio sguardo rapito da tale spettacolo della natura mi dice:
– Non preoccuparti se non sei riuscito a vedere tutto quello che l’isola offre,
sei stato al Teide ed è questo il simbolo di Tenerife –
Come non essere d’accordo con lei, chiacchierando infatti con la gente locale è evidente il legame affettivo, la riverenza che nutrono nei confronti del Teide e del Parco Nazionale di cui fa parte. Esso, facente parte di un’area protetta e successivamente dichiarata dall’UNESCO patrimonio dell’umanità nel 2007, presenta un paesaggio unico al mondo e risultato di diverse eruzioni vulcaniche, testimoniate da rocce multicolore che caratterizzano i differenti depositi lavici: soprattutto in quelle più recenti, dove il nero è il colore dominante, la vegetazione è praticamente inesistente e si è costituito una sorta di deserto lunare con tanto di cunicoli denominati “tubi vulcanici” e dovuti alle diverse fasi di raffreddamento della roccia lavica.
Sono stato fortunato a poterlo visitare e soprattutto poterlo fare in compagnia del mio amico Micky, vera e propria guida turistica della giornata. Sì perché esserci andato da solo, oltre ad essere più complicato, sarebbe stato diverso poiché un conto è vedere il Teide ed un conto è viverlo assieme a chi lo conosce come se fosse il suo migliore amico. Il legame tra il vulcano e gli abitanti di Tenerife è difatti molto stretto, non tanto perché richiama moltissimi turisti (sarebbe davvero riduttivo pensare ciò), ma piuttosto perché è il loro punto di riferimento, un luogo che gli appartiene più di ogni altra cosa. Davvero allora il Teide è Tenerife.
Come arrivare al Parco Nazionale del Teide di Tenerife
Giungiamo in macchina alle pendici del vulcano percorrendo la via migliore, la TF 24 da La Esperanza, dato che attraversa una grande foresta di tipici pini canari e lungo la strada ha diversi mirador (punti panoramici) che permettono di osservare la cima del vulcano che domina sull’orizzonte. Il Parco Nazionale del Teide si trova praticamente al centro dell’isola, tagliandola in due. Ho visto transitare alcuni guaguas (gli autobus locali) per cui si può arrivare qui anche coi mezzi pubblici. Tuttavia, l’uso dell’auto è caldamente consigliato perché permette maggiore libertà negli spostamenti.
—> Trekking serale al Parco Nazionale del Teide <—
I luoghi imperdibili nel Parco Nazionale del Teide di Tenerife
Rimango estasiato e senza parole: non ho mai ammirato un paesaggio simile. Il picco del Teide emerge dal mar de nubles, lo strato nuvoloso che copre la vista della costa canaria. Mi viene fatto notare che in lontananza sullo sfondo si può scorgere l’isola di La Palma, distante circa 80 km da Tenerife: la particolarità è che essa è parzialmente coperta dalle nuvole e così sembra che ci sia un vuoto proprio al centro come se l’isola improvvisamente “sprofondasse” nel mare per poi riemergere più avanti.
Non è solo il panorama a colpirmi, infatti la vegetazione cambia di repente, giusto il tempo di fare un tornante in macchina. I pini canari spariscono lasciando il terreno praticamente privo di qualsiasi traccia di flora: è come essere catapultati in un altro ambiente, adesso vulcanico con grande presenza di rocce basaltiche ai lati della strada insieme a tracce ancora ben marcate di colata lavica.
Le Minas de S. José Sur
Questo panorama caratterizza Minas de San José Sur che sembra irreale per la sua bellezza ed unicità. La tappa è d’obbligo e mentre cammino sulla sabbia penso di trovarmi sulla Luna da quanto il paesaggio sia privo di ogni elemento caratteristico del nostro pianeta. Come se mi leggesse nel pensiero Mickey mi racconta che qui vi hanno girato diverse scene di film e serie TV, ad esempio “Scontro tra titani” e alcune puntate di “Doctor Who”.
La natura regna incontrastata e fa effetto vedere che l’unico intervento segno della presenza umana sia la strada che utilizziamo per attraversare il parco e che assomiglia a quelle che passano per i deserti americani. Prima di lasciare la Luna raccolgo qualche roccia basaltica e magmatica a ricordo della mia prima volta “a ridosso” di un vulcano.
La Caldera de las Cañadas, le Roques de García ed il Dedo de Dios
Il viaggio prosegue e la convinzione che non avrei visto altro così affascinante dura pochi minuti, giusto il tempo di arrivare alla caldera successiva, la Caldera de las cañadas, dove si trovano le Roques de García, meta finale della giornata.
Il paesaggio si arricchisce di formazioni rocciose particolari a causa dell’erosione del vento, che tra l’altro soffia di continuo e dà abbastanza fastidio considerando che siamo oltre i 2000 m d’altezza. Le forme irregolari sono dovute dalla differente azione degli agenti atmosferici a seconda del tipo di durezza degli elementi che compongono le rocce. Quella più famosa è il Dedo de Dios (il “dito di Dio”) che purtroppo, a causa della forma e del fatto che gli agenti erosivi agiscono con più rapidità sulla parte inferiore rispetto a quella superiore, è destinata a crollare tra moltissimi anni (se non secoli).
Ammiro tutto ciò incurante delle folate di vento incredibili che soffiano senza interruzione e che diverse volte rischiano di farmi scivolare di mano il cellulare mentre sono intento a fotografare questo spettacolo e, se possibile, osservare la cima del Teide da qui fa ancora più impressione: tutto mi trasmette una sensazione di infinito e di profondo rispetto nei confronti della natura presente attorno a me, quasi a ricordarmi quanto l’uomo sia piccolo a confronto di essa.
Dopo lo spuntino al parador situato nella piana lasciamo che i nostri sguardi scrutino ancora una volta l’orizzonte cercando di memorizzare il più possibile tutti gli elementi che ne fanno parte: è ora di tornare a valle ma sinceramente la voglia è pari a zero, specie per me che chissà quanto tempo passerà prima che veda qualcosa così.
La teleferica del Teide
Se si vuole salire ancora di più allora è possibile prendere la teleferica del Teide che conduce a “poche” centinaia di metri dal vulcano. La distanza è relativa perché le condizioni dovute all’altezza, 3.555 m, costringono a procedere più lentamente. Purtroppo non ho avuto modo di provarci poiché l’impianto era chiuso a causa del forte vento.
Il viaggio di ritorno avviene nel completo silenzio quasi stessimo meditando sulla fortuna di avere luoghi così nel mondo e neanche troppo distanti da dove abitiamo. Tante emozioni mi hanno accompagnato in questa giornata: sono le stesse che ho provato a bordo dell’aereo ammirando la punta del Teide scomparire piano piano dietro di me e sono quelle che ancora provo mentre scrivo questo articolo e guardo le foto della giornata. E ovviamente le rocce prelevate come ricordo le custodisco gelosamente sul comodino di camera mia.
Siete mai stati a Tenerife e nel suo meraviglioso Parco Nazionale del Teide?
Ps: un sentito ringraziamento alla miglior guida turistica personale che potessi avere, ¡muchas gracias Micky! 🙂