Il monte dei Cappuccini è uno dei rilievi più importanti che cingono Torino e, grazie alla sua posizione privilegiata, regala una suggestiva vista panoramica sul centro storico e le Alpi sullo sfondo.
Proprio per questo motivo non poteva che venire fondato qui, nel 1874, il Museo Nazionale della Montagna intitolato al “Duca degli Abruzzi” Luigi Amedeo, noto alpinista ed esploratore discendente della famiglia reale sabauda.
Un altro elemento lega tale spazio espositivo alla città piemontese. Infatti, il 23 ottobre 1863 venne istituito nel castello del Valentino il Club Alpino Italiano, conosciuto da tutti come il CAI. Già pensato qualche anno prima da Quintino Sella in occasione della sua ascensione del Monviso, rappresenta ancora oggi la più antica e vasta associazione di appassionati italiani di montagna.
Nelle prossime righe, alle informazioni relative al percorso museale seguiranno quelle per l’organizzazione della visita assieme ad un consiglio culinario per chi volesse mangiare tipico piemontese.
Visita del Museo della Montagna di Torino
“Un uomo non si arrampica su una montagna senza portarne via un po’ con sé e lasciando qualcosa di sé su di essa.”
– William Martin Conway
Il complesso che accoglie il museo e la biblioteca nazionale è tuttora la sede sociale del CAI ed è un rilevante polo culturale che rivolge la propria attenzione alle montagne di tutto il mondo attraverso una ricca esposizione di documenti ed oggetti che raccontano la storia dell’alpinismo di ieri, di oggi.. e di domani.
Cosa c’è da vedere
La visita si snoda nei quattro piani che compongono l’edificio principale e così suddivisi:
- piano terra, biglietteria ed inizio percorso museale;
- piano 1, collezione permanente;
- piano 2, vedetta alpina e belvedere;
- piano -2, mostre temporanee.
Piano terra
Le sale allestite oltre la biglietteria accolgono sia la collezione permanente che alcune delle esposizioni temporanee. Il primo ambiente racconta le origini della civiltà alpina, da quando cioè gli uomini hanno imparato ad adattarsi alle condizioni di vita dettate dall’ambiente montano.
L’area successiva è dedicata alle “comunicazioni” e quindi il problema dell’attraversamento delle Alpi che già gli antichi Romani avevano tentato di risolvere. La vera rivoluzione avviene comunque con l’avvento del treno e, soprattutto, dell’automobile.
Le ferrovie e le strade bucano ed attraversano i rilievi accorciando notevolmente i tempi di percorrenza rendendo quindi le montagne più vicine alle città. Nasce così il turismo montano di massa, un evento epocale che avrebbe cambiato per sempre la vita degli abitanti delle vallate alpine.
Il turismo infatti esisteva già da prima ma aveva un carattere decisamente elitario.
La sala “Il turismo e l’alpinismo” spiega come nell’Ottocento, parallelamente alla scalata delle prime vette, si diffonda da parte della classe borghese l’interesse nei confronti del mondo alpino.
Si parla poi dell’evoluzione di alcuni degli elementi caratterizzanti l’esplorazione ad alta quota. Ad esempio i rifugi e bivacchi – i cosiddetti luoghi dell’attesa – sono inizialmente dei ricoveri spartani, quasi improvvisati, salvo poi diventare con il passare dei decenni degli alloggi ben più confortevoli. Fortunatamente non è cambiato il loro fascino dato dalla possibilità di trascorrere la notte a stretto contatto con la montagna autentica.
L’area successiva, con la quale si conclude il tour del piano 0, testimonia la nascita del CAI avvenuta nel 1863 per volontà di Quintino Sella. Il ministro delle Finanze del Regno d’Italia e “fresco” reduce vittorioso dalla scalata sul Monviso, decide di fondare a Torino questo club in risposta a quella che all’epoca era la supremazia inglese sulle Alpi.
Ieri come oggi, l’associazione italiana raccoglie alpinisti ed appassionati di montagna dedicandosi anche allo studio scientifico di un territorio sempre più minacciato dagli effetti del cambiamento climatico.
Piano 1
Le sale accolgono esclusivamente la collezione permanente del museo e trattano diversi aspetti della montagna.
A cominciare dall’alpinismo invernale, considerato la frontiera estrema dell’esplorazione date le complicate condizioni climatiche che aggiungono rischi ulteriori ad un’attività già di per sé pericolosa.
Tuttavia, solo così si riescono a migliorare e perfezionare tecniche ed attrezzi per le scalate che, di lì a breve, serviranno per le spedizioni lontano dall’Europa. Molto interessante da questo punto di vista l’installazione di una parete innevata con una serie di modelli di zaini, piccozze e ramponi che mostrano la loro evoluzione dalla seconda metà dell’800 fino ai primi anni del 2000.
Nello spazio retrostante il “blocco nevoso” si parla del Parco Nazionale del Gran Paradiso, fondato nel 1922 con l’obiettivo di salvare lo stambecco dall’estinzione ed oggi un punto di riferimento per la tutela delle Alpi. E, leggendo del Gran Paradiso, mi è subito venuta in mente la bellissima giornata trascorsa qualche estate fa a Ceresole Reale.
A proposito del cambiamento delle attrezzature invernali, esso ha riguardato ovviamente pure lo sci. In voga nel nord Europa praticamente da sempre, nelle Alpi si è diffuso solamente dalla fine dell’800.
Se oggi si pensa immediatamente alla disciplina sportiva nonché al simbolo del turismo invernale di massa sviluppatosi dopo la Seconda Guerra Mondiale, inizialmente lo sci fungeva da mezzo di spostamento sulla neve delle popolazioni montane.
Nella medesima sala vi sono due teche che conservano alcuni cimeli italiani dei XX Giochi Olimpici invernali che si sono svolti a Torino nel 2006, un evento che ha messo il capoluogo piemontese ed i suoi dintorni al centro della scena internazionale.
Si possono ammirare lo slittino e la tuta di Armin Zoeggeler (medaglia d’oro) così come la tuta da pattinaggio di velocità su ghiaccio di Enrico Fabris (medaglia d’oro). Sul cortile antistante sono stati posizionati alcuni degli arredi urbani usati durante la manifestazione sportiva, tra tutti il braciere dei Giochi Paralimpici.
Walter Bonatti
Nel Museo della Montagna di Torino di certo non può mancare uno spazio riservato a Walter Bonatti, uno degli alpinisti più famosi di sempre. Anche perché i suoi eredi hanno donato a questo polo culturale il suo intero archivio comprendente appunti, ritagli di giornale, onorificenze ricevute, documenti, filmati, interviste e circa 110.000 fotografie.
Considerata la vastità del materiale a disposizione, nell’area a lui dedicata si è deciso di esporre gli oggetti che meglio illustrassero la continuità tra la vita da alpinista e quella da esploratore-reporter di Bonatti.
Ampio risalto viene dato ad alcune delle sue imprese storiche quali la scalata a soli 19 anni dalla Nord delle Grandes Jorasses, la solitaria invernale sul Cervino, il Grand Capucin, “l’impossibile Dru” e le spedizioni sulle Ande ed il Karakorum.
Spedizioni lontano dall’Europa
La sala successiva è concentrata sulla “montagna extraeuropea”, quando cioè ad inizio ‘900 i grandi esploratori puntano alla scoperta dell’Himalaya e di altre catene montuose lontano dall’Europa. Tra le figure chiave di questo periodo spicca Luigi Amedeo di Savoia, il “Duca degli Abruzzi”, che legherà il suo nome alle proprie avventure verso il Polo Nord, il Karakorum ed il Ruwenzori.
Molte delle immagini dell’epoca le si devono a Vittorio Sella, grande alpinista e soprattutto fotografo che ben ha saputo immortalare la montagna. Basti pensare al suo film del 1902 dedicato al K2 e che è stato il precursore del cinema di spedizione.
Un altro strumento che è stato migliorato nel corso dei secoli è la tenda, fondamentale per le scalate degli ottomila dell’Himalaya e del Karakorum data la necessità di trovare rifugio nei campi intermedi allestiti durante l’esplorazione.
I tre modelli esposti evidenziano chiaramente la leggerezza che contraddistingue quella usata da Messner per la salita dei 14 ottomila nel 1987 rispetto alle due usate nelle spedizioni al Karakoum nel 1954 e 1934.
La visita del secondo piano termina con la collezione di Mario Piacenza, alpinista biellese che fu anche direttore del museo. Dopo essersi dedicato alle Alpi, in particolare del Cervino dove realizzò per primo l’ascensione per la cresta Fürggen, decise di spostare la sua attenzione su catene montuose extraeuropee.
Gli oggetti qui esposti sono soprattutto quelli raccolti in occasione del suo viaggio nell’Himalaya Kashmiriano nel 1913. Si trattò di un lavoro etnografico davvero importante perché riguardava un territorio che all’epoca era quasi del tutto sconosciuto.
Vedetta alpina e terrazza panoramica
L’ultimo ambiente del museo si trova al secondo piano ed è il luogo più suggestivo della zona. In primis perché è qui che nel 1874 venne installato un osservatorio formato da un padiglione con cannocchiale mobile.
Dopodiché, la terrazza è circondata da una cornice paesaggistica unica al mondo, dove lo sguardo si perde contemplando lo skyline di Torino ed i 400 km di arco alpino che lo avvolgono.
Museo della Montagna di Torino: informazioni utili per la visita
Considerando la collezione permanente così come le esposizioni temporanee suggerisco di ritagliarvi almeno un paio d’ore per la visita.
In loco si trova pure il Bar Ristorante “Al Monte dei Cappuccini”, dove si può assaggiare la cucina torinese e godere del panorama sulla città. La prenotazione è consigliata (al numero 011 6600302), specie nei weekend, perché il locale è assai frequentato anche dagli stessi torinesi.
Per chi arriva a Torino in treno, il modo più semplice per raggiungere il Museo della Montagna dal centro è a piedi, con una passeggiata di circa mezz’ora.
Dalla stazione Porta Nuova si percorre corso Vittorio Emanuele verso il Ponte Umberto I, da dove è già visibile la Chiesa del monte dei Cappuccini. Si prosegue quindi lungo Corso Fiume sino a sbucare in Piazza Crimea da dove poi si devia sulla sinistra in Via Bezzecca. Una volta sbucati su Via Maresciallo Gaetano Giardino si seguono infine le indicazioni che conducono sulla Salita CAI Torino.
Se siete in auto, il museo è al di fuori dell’area ZTL e vi sono diversi parcheggi in zona: nei pressi del museo (pochi posti), Vittorio Park Torino e Piazza Vittorio Veneto.
Gli orari di apertura del Museo della Montagna sono dalle 10:30 alle 18 (da martedì a giovedì) e dalle 10 alle 18 (sabato e domenica); il lunedì è il giorno di chiusura.
Il costo dei biglietti di ingresso è di:
- 10 €, tariffa intera;
- 7 €, tariffa ridotta;
- 6 €, soci CAI;
- 3 € (solo accesso alla terrazza panoramica).
Segnalo che i possessori della Torino+Piemonte Card entrano gratis. Per maggiori informazioni sulla tessera turistica e le attrazioni incluse (Basilica di Superga, Reggia di Venaria, Musei Reali, Museo Egizio, Stupinigi etc..) vi rimando a questa pagina dedicata.
Per scoprire quali sono le mostre temporanee ed essere sempre aggiornati su orari e prezzi potete consultare il sito internet del Museo della Montagna.
Dove mangiare bene e tipico vicino al centro di Torino: la “Trattoria Decoratori e Imbianchini”
Il ristorante del museo era tutto esaurito e così, dopo aver fatto un po’ di ricerche in rete, per il pranzo del sabato ho optato per una delle osterie storiche di Torino.
“Trattoria Decoratori e Imbianchini è un progetto di Economia Civile che vuole valorizzare una delle osterie più belle della città e generare ricchezza comune, relazioni di qualità, lavoro giusto e inclusivo.”
Si trova all’incirca a metà strada tra il Museo della Montagna e Piazza Vittorio Veneto, in un angolo di pace e tranquillità, ghiaia e campi da bocce.
Il menù è tipicamente piemontese, con portate abbondanti e prezzi onesti. Tra i piatti consigliati includo sicuramente l’antipasto della casa (vitello tonnato, salame e formaggio locali, acciughe al verde), i plin al sugo di arrosto e per concludere il bonet.
La storia e la missione sociale nonché gli orari ed i contatti utili per prenotare sono tutti indicati sul sito internet della Trattoria Decoratori e Imbianchini.